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“Non piangere più di disperazione!”

Culto di Domenica 13 Maggio 2018 – “Non piangere più di disperazione!”

LA PAROLA

Luca 7: 11-17
Gesù risuscita il figlio della vedova di Nain
11 Poco dopo egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui. 12 Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei. 13 Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: «Non piangere!» 14 E, avvicinatosi, toccò la bara; i portatori si fermarono, ed egli disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!» 15 Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre. 16 Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra di noi»; e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17 E questo dire intorno a Gesù si divulgò per tutta la Giudea e per tutto il paese intorno.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Leggendo la Bibbia, ma anche esaminando momenti di vita cristiana, spesso ci fermiamo a contemplare l’operato di Gesù. A volte restiamo meravigliati e sbigottiti, altre volte invece siamo sorpresi per il modo “strano” in cui Egli ha deciso di operare. In quest’ultimo caso, nella “stranezza” in cui opera, Gesù vuole comunicarci un messaggio che noi siamo chiamati a comprendere.

Soffermandoci a riflettere sulla lettura odierna possiamo facilmente immaginare che intorno a questa vedova, che aveva appena perso un figlio, ci fossero altre persone che cercavano di incoraggiarla e darle sostegno.
Ma Gesù, quando le si presenta davanti, con un ordine ben preciso le toglie un diritto … quello di piangere!
Perché? Non era forse lecito piangere davanti a un evento così drammatico per una madre?

Oggi Dio ci insegna che ci sono dei pianti che Egli non fermerebbe mai come quelli di gioia e commozione ma altri pianti che non devono più far parte di un figlio di Dio … quelli di disperazione!
Il pianto di disperazione è diverso da un pianto di dolore, in esso non si intravede più la speranza, tutto è scuro e le vie d’uscita sono ostruite; non ci porta ai piedi della croce ma anzi ci allontana da Dio.
Anche nei momenti più difficili dobbiamo mantenere la fiducia in Dio perché Egli spezza ciò che ci opprime (Isaia 9:3), il suo giogo è dolce (Matteo 11:30)! Satana cercherà in tutti i modi di opprimerci con un giogo pesante ma ricordiamoci e ricordiamogli che per noi non esiste più il bastone che ci percuote ma il piuttosto il bastone di Gesù che ci rialza quando cadiamo o quando siamo nella tempesta e la Sua verga che ci disciplina nel continuo (Salmi 23-4).

Forse siamo in attesa da tempo di una liberazione da qualche vizio che ci opprime, di una guarigione, di una benedizione particolare e piangiamo … ma attenzione a non piangere di disperazione altrimenti saremo facili prede del dubbio e guardando gli altri crederemo che stiano meglio di noi (Salmi 73).

Se non riusciremo più a scorgere la speranza non riusciremo più a vedere nemmeno Dio, ricordiamoci che anche quando sbagliamo Egli non ci abbandonerà mai, al massimo ci disciplinerà e dovremo essere pronti ad accettarlo (Giobbe 42:5).

Coraggio quindi, noi non siamo come quelli che non hanno speranza (1Tessalonicesi 4: 13-18), confidiamo sempre nel Signore, Egli è con noi e ogni cosa è sotto il Suo controllo.

Dio ci benedica!

Altri versetti da leggere:
Giovanni 20:11-18
Neemia 8:10

“In volo come le aquile!”

Culto di Domenica 22 Aprile 2018 – “In volo come le aquile!”

LA PAROLA

Isaia 40: 27-31
27 Perché dici tu, Giacobbe,
e perché parli così, Israele:
«La mia via è occulta al SIGNORE
e al mio diritto non bada il mio Dio?»
28 Non lo sai tu? Non l’hai mai udito?
Il SIGNORE è Dio eterno,
il creatore degli estremi confini della terra;
egli non si affatica e non si stanca;
la sua intelligenza è imperscrutabile.
29 Egli dà forza allo stanco
e accresce il vigore a colui che è spossato.
30 I giovani si affaticano e si stancano;
i più forti vacillano e cadono;
31 ma quelli che sperano nel SIGNORE acquistano nuove forze,
si alzano a volo come aquile,
corrono e non si stancano,
camminano e non si affaticano.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Dio si rivolge all’uomo che ancora non lo ha accettato, Giacobbe, e al Suo popolo amato, Israele.
Cosa li accomuna? Il fatto che entrambi si lamentano di Dio e non lo ascoltano (Isaia 40: 27-31).
Quante volte ci siamo lamentati piuttosto che affidarci a Dio? Quante volte durante la tempesta ci scagliamo contro di lui e contro tutto ciò che ci circonda. Perché non mi esaudisci Signore? Non dovrei ottenere tutto ciò che desidero nel Tuo nome?
Certo, la bibbia ci insegna che tutto ciò che chiederemo nel nome di Gesù ci verrà concesso MA ad una condizione, che ci crediamo con tutte le nostre forze, sperando anche contro speranza, e riponendo in Gesù tutta la nostra fiducia!

Dio è eterno e non saremo mai in grado di muoverGli contro una critica o darGli un suggerimento, la Sua è un’intelligenza infinita e imperscrutabile; i Suoi pensieri vanno molto al di là dei nostri per cui, piuttosto che lamentarci del come Dio sta agendo in una determinata circostanza, fermiamoci a benedirLo, lordarLo e ringraziarLo nel continuo per ogni cosa che fa per noi.

Egli è Colui che ancora oggi ci forma (Isaia 43: 1) e lo fa attraverso una serie di circostanze da cui noi vorremmo spesso scappare; ci sono battaglie che devono essere necessariamente affrontate dal popolo di Dio, non possiamo più tornare indietro dobbiamo piuttosto seguire la strada che Dio ha già preparato per noi.
Forse siamo senza forze, stremati ma Egli è in grado di rimetterci in sesto riempendoci di un nuovo vigore.

Perché si fa riferimento alle aquile nell’ambito di Dio? perché possiede alcune caratteristiche davvero speciali:
– Quando c’è una tempesta l’aquila non va a cercare riparo ma va controcorrente e si alza in volo, domina il vento a sfavore e la supera andando OLTRE la coltre di nubi, non ha paura.
– Prende qualcosa del suo, le penne più morbide che possiede, per poter costruire un comodo alloggio ai suoi piccoli, si sacrifica.
– Quando deve insegnare ai suoi piccoli a volare li lancia giù dal nido ma è sempre vigile e pronta a recuperarli se qualcosa va storto, in sostanza li prova (Deuteronomio 32:11).
– Quando, dopo anni, il suo becco versa in gravi condizioni fa in modo di disintegrarlo del tutto affinché ne possa nascere uno nuovo, in sostanza “ringiovanisce”

E’ bello considerare che solo chi si affida con tutto il proprio cuore a Dio potrà gridare ad alta voce che egli sta volando in alto come le aquile.
Abbiamo davvero poco da temere, Dio provvede sempre in ogni situazione nel modo più giusto possibile.
La prova per quanto dura possa essere sarà soltanto un trampolino di lancio verso una nuova benedizione e di per certo non cadremo perché Dio è e sarà sempre con noi.
Forse siamo in attesa che Dio esaudisca una nostra preghiera … è nella Sua volontà? Allora di per certo la esaudirà al momento giusto, ci dobbiamo credere con tutte le nostre forze. Egli infatti non ha riguardi personali e ci ama tutti in egual modo.

Coraggio! Dio ci sta chiamando ad essere quella parte di Israele che lotta e non si abbatte, non si lamenta e soprattutto confida nel proprio generale, DIO.

Dio ci benedica!

“Dio, nel suo amore, prova la nostra fede!”

Culto di Domenica 08 Aprile 2018 – “Dio, nel suo amore, prova la nostra fede!”

LA PAROLA

Genesi 22:1-14
1 Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abraamo e gli disse: «Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». 2 E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va’ nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò».
3 Abraamo si alzò la mattina di buon’ora, sellò il suo asino, prese con sé due suoi servi e suo figlio Isacco, spaccò della legna per l’olocausto, poi partì verso il luogo che Dio gli aveva indicato.
4 Il terzo giorno, Abraamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. 5 Allora Abraamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi». 6 Abraamo prese la legna per l’olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. 7 Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: «Padre mio!» Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov’è l’agnello per l’olocausto?» 8 Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto». E proseguirono tutti e due insieme.
9 Giunsero al luogo che Dio gli aveva detto. Abraamo costruì l’altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull’altare, sopra la legna. 10 Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio. 11 Ma l’angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo e disse: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». 12 E l’angelo: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo». 13 Abraamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, impigliato per le corna in un cespuglio. Abraamo andò, prese il montone e l’offerse in olocausto invece di suo figlio. 14 Abraamo chiamò quel luogo «Iavè-Irè». Per questo si dice oggi: «Al monte del SIGNORE sarà provveduto».

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Abramo viveva in un paese chiamato Ur Dei Caldei, un luogo dove veniva praticata l’idolatria, dove il popolo non aveva conoscenza di Dio e della Sua volontà.
Abramo era uno di quelli che si prostrava ma, a differenza degli altri, aveva una grande sensibilità: sapeva che dal nulla non era mai nato niente e nel chiedersi chi avesse formato tutto quello che c’era intorno a Lui, Dio gli rispose.
Gli chiese di uscire dal quel paese e allontanarsi da chi era lontano da Dio (Genesi 12:1).
Abramo ubbidì in parte alla richiesta del Signore ed uscì dal paese, ma si portò dietro Lot e suo padre che di fatto rallentarono il suo percorso verso Canan.
Solo quando decise di riprendere il cammino e costruire un altare al Signore, Dio lo ricompensò facendolo prosperare grandemente.

La figura d’Abramo può rappresentare la nostra vita e ciò che Dio ha fatto e sta facendo per noi.
Il Signore ha chiesto anche a noi di “uscire” dal mondo per separarci da chi lo disprezzava e, noi stessi nei primi tempi, abbiamo fatto fatica a staccarci dalle nostre vecchie abitudini: abbiamo dovuto spesso fermarci per seppellire il nostro “vecchio Io”.

Nonostante gli errori di Abramo, come la bugia che disse in Egitto in merito a Sarai, sua moglie (Genesi 12:10-20), Dio lo perdonò. Dio ci difende sempre anche quando sbagliamo, questo non vuol dire però che non sia un Dio giusto e che non ci riprenderà mai, anzi.

Abramo aveva conosciuto la salvezza, la fedeltà, l’amore e la compassione di Dio, ottenne grandi vittorie… e, proprio in quel momento dopo questi eventi, Dio decide di metterlo alla prova in una maniera del tutto particolare e PERSONALE.
Spesso confondiamo le prove “naturali” che condividiamo con il mondo (es. malattie, mancanza di lavoro, vicissitudini famigliari) e per cui Dio è sempre pronto a darci la via d’uscita e la consolazione, con le prove specifiche volute da Dio, atte a fortificare la nostra fede.

Dio ci pone di fronte ad un quesito importante…ci sono “IO” al primo posto nella tua vita?
Mi hai donato o sei pronto a donarmi tutto il tuo cuore? La tua fede è posta in me o in ciò che io sono in grado di donarti?
Dio è sempre pronto a donare, ma in cambio ci chiede tutto il nostro cuore, tutto il nostro Io, tutto il nostro amore…non dimentichiamoci che Dio è vivente e ha dei sentimenti, proprio per questo desidera essere amato.
Come Giobbe, anche noi superata la prova potremo vedere la gloria di Dio, qualcosa di veramente straordinario e unico (Giobbe 42:5).
Dio sa che il nostro cuore si lega facilmente a ciò che è materiale (Matteo 6:21) e sa anche che noi non siamo in grado di capire quanto amore abbiamo per Lui (Giovanni 21:15-17), proprio per questo ci metterà in condizione di comprenderlo.

Preghiamo Dio che ci aiuti a discernere ciò che ci sta chiedendo di donargli, quel qualcosa che sta chiedendo esclusivamente a noi e poniamo la nostra fede in Cristo per quello che Egli è e sarà e non per ciò che ci ha donato o è in grado di donarci.

Dio ci ha portato fuori dal mondo.
Quante volte abbiamo sbagliato? Ci ha perdonato.
Quante volte siamo stati infedeli? Egli è sempre rimasto fedele.
Ora sta permettendo questa prova particolare nella nostra vita, perché ce la prendiamo con lui?
Se ci sta chiedendo qualcosa è solo ed esclusivamente per il nostro bene, desidera vedere la Sua Chiesa piena di fiducia, ferma nella sua posizione e con la gioia della salvezza per cui…coraggio!

Dio ci benedica!

“Ma a voi che ascoltate, io dico.”

Culto di Domenica 02 Aprile 2018 – “Ma a voi che ascoltate, io dico.”

LA PAROLA

Luca 6: 27-36
27 Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; 28 benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. 29 A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. 30 Da’ a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. 31 E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro. 32 Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33 E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. 35 Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. 36 Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Il Signore parla, ma non tutti sono disposti ad ascoltare, si può quindi dire che Egli parla unicamente a coloro che lo ascoltano.

Parla attraverso la Sua Parola, attraverso gli eventi intorno a noi e anche attraverso i silenzi.

Specialmente durante gli eventi è più difficile restare fedeli al Signore, ma non dimentichiamoci che un vero credente sa scorgere la voce di Dio anche nella tempesta e nei periodi più duri della propria vita.
Anche quando le prove sono frutto del nostro peccato il Signore rimane fedele, le permette, ma ci fornisce anche la strada per riportarci nella grazia.

La voce del Signore si può accettare, come fecero grandi uomini di Dio (vedi Samuele, Mosè, Davide, Giuseppe) o rifiutare in quanto è un “parlare troppo duro” come fecero gli apostoli (Giovanni 6:60) o il popolo d’Israele in mezzo al deserto nonostante avessero visto più volte la potenza di Dio all’opera.

Il credente deve essere sempre in guardia contro un grave pericolo: non recepire più il parlare di Dio.
Quando non si riesce più ad assimilare la Parola di Dio o quando non si riesce più a tornare ai piedi della croce a seguito del peccato vuol dire che non lasciamo più agire lo Spirito Santo che svolge, per entrambe le azioni, un ruolo fondamentale.

Ascoltare vuol dire letteralmente udire con attenzione, porgere l’orecchio, essere attento e soprattutto mettere in pratica; in sostanza siamo chiamati ad essere facitori e non solo uditori! (Giacomo 1: 22-25)
Potremmo conoscere tutta la Bibbia a memoria, ma se non la mettessimo in pratica, non gioverebbe a niente.

Uno dei passi da compiere per poter aprire le nostre “orecchie spirituali” all’ascolto di Dio è eliminare ogni tipologia di intoppo quali il peccato, i sentimenti sbagliati, le giustificazioni e le accuse nei confronti del Signore quando le cose non vanno come vorremmo.

Dio non smette mai di parlare e incoraggiare il Suo popolo (Salmi 50:7), ha sempre avuto la Sua chiesa e ha sempre continuato a parlare; sarà così fino al ritorno di Gesù!

Siamo chiamati ad ascoltare il Signore anche quando ci porge insegnamenti e ci ammonisce, in quanto ogni Suo parlare è conforme alla Parola e non possiamo cambiarla a seconda delle nostre necessità.
Non dobbiamo essere bambini, ma adulti. Non dimentichiamoci che Dio ci sta costruendo giorno dopo giorno; lasciamoLo operare umiliandoci sotto la Sua potente mano, anche le prove fanno parte della vita del credente.

Dio sa ascoltare ogni nostra sillaba, ogni nostro sentimento più nascosto.

Ciò che ci rende ricchi è la presenza di Gesù e ciò arriva dal saper ascoltare Dio in tutti gli aspetti con cui Egli parla.
Siamo piccole pietre viventi inserite nel tempio di Dio, senza covare in noi il desiderio di essere superiori agli altri; la grande pietra angolare è e resterà in eterno Gesù Cristo.

Non lamentiamoci né prendiamocela con Dio, ma rallegriamoci, non perseguitiamo gli altri, non malediciamo chi ci fa male, bensì benediciamolo, amiamo il prossimo stando in pace e non in guerra, non sentiamoci più giusti e più santi degli altri perché Dio non ha riguardi personali e quando perdona il peccato lo CANCELLA definitivamente.
Se ci sentiamo giudici, Dio giudicherà noi …

Oggi esaminiamo noi stessi e, se ci sentiamo con un orecchio lontano dal Signore, predisponiamoci ad ascoltarlo con un cuore ben aperto e di per certo, in qualunque circostanza, potremo udire la Sua meravigliosa voce.

Dio ci benedica!

“Nel nome di Gesù, quello che ho te lo do!”

Culto di Domenica 25 Marzo 2018 – “Nel nome di Gesù, quello che ho te lo do!”

LA PAROLA

Atti 3: 1-11
Guarigione di uno zoppo
1 Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera dell’ora nona, 2 mentre si portava un uomo, zoppo fin dalla nascita, che ogni giorno deponevano presso la porta del tempio detta «Bella», per chiedere l’elemosina a quelli che entravano nel tempio. 3 Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, egli chiese loro l’elemosina. 4 Pietro, con Giovanni, fissando gli occhi su di lui, disse: «Guardaci!» 5 Ed egli li guardava attentamente, aspettando di ricevere qualcosa da loro. 6 Ma Pietro disse: «Dell’argento e dell’oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!» 7 Lo prese per la mano destra, lo sollevò; e in quell’istante le piante dei piedi e le caviglie gli si rafforzarono. 8 E con un balzo si alzò in piedi e cominciò a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio.
9 Tutto il popolo lo vide che camminava e lodava Dio; 10 e lo riconoscevano per colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta «Bella» del tempio; e furono pieni di meraviglia e di stupore per quello che gli era accaduto. 11 Mentre quell’uomo teneva stretti a sé Pietro e Giovanni, tutto il popolo, stupito, accorse a loro al portico detto di Salomone.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

La condizione dello zoppo ci parla di ciò che eravamo PRIMA di conoscere il Signore e, dopo la guarigione, rappresenta anche ciò che siamo diventati DOPO aver ricevuto la grazia di Dio.
Egli veniva “deposto” per ore presso la porta del tempio, un’azione di certo non gradevole e una vera e propria condizione d’arresa alla propria condizione.
Pietro e Giovanni non avevano nulla di materiale da potergli dare MA erano ripieni di Spirito Santo, l’unica cosa necessaria per far guarire l’uomo zoppo e donargli una nuova vita in Cristo, del resto il suo reale bisogno non era economico ma spirituale oltre che fisico.

Anche noi eravamo “deposti” presso la porta “bella” del mondo, schiacciati in basso dal peccato, dal nostro io, in condizioni pessime e indipendenti da ciò che c’era intorno a noi … spiritualmente parlando eravamo in cerca di elemosina.
Oggi Dio ci invita a fare attenzione perché ci ha già rialzato una volta e sa che ci sarà sempre qualcuno o qualcosa pronto a farci cadere in basso, le prove, le difficoltà, il peccato, le vicissitudini di questo mondo, le persecuzioni, le derisioni possono spingerci a terra ma è proprio in quel momento che dobbiamo dare gloria a Dio per elevarci ancora più in alto e poter ancora benedire noi stessi e gli altri.
I pesi non mettiamoceli sulle spalle convinti di essere sufficientemente forti per trasportarli ma mettiamoceli sotto i piedi affinché ci siano di aiuto nell’elevarci verso l’alto.
Pietro camminò sulle acque (sinonimo di problemi, tribolazioni, prove ecc) perché si fece tenere a galla dalla grazia di Dio e nonostante il mare impetuoso, fino a quando mantenne lo sguardo su Cristo, non sprofondò.

C’è solo un luogo in cui dobbiamo deporre l’intera nostra vita ed è alla presenza del Signore, non soltanto dopo un bel culto o una benedizione “particolare” ma OGNI GIORNO; spesso siamo ostinati, scendiamo a compromessi con il mondo e quando Cristo ci chiede di deporre il nostro io, le nostre ragioni annichilendo noi stessi non sempre lo accettiamo di buon grado.

Pietro e Giovanni avevano la pienezza dello Spirito Santo da condividere con gli altri e non fecero finta di nulla, non si tirarono indietro, tutt’altro! Anche intorno a noi sono tante le persone deposte presso la porta bella (in famiglia, al lavoro o nella stessa chiesa), ci tendono la mano e spesso possiamo solo limitarci a dar loro l’elemosina perché in fondo in fondo non abbiamo altro da dargli, chiediamoci quindi con estrema franchezza: cosa stiamo dando e possiamo dare agli altri?
La nostra priorità è presentare Gesù, forse rifiuteranno ma a noi sta di dargli Gesù IN QUEL PRECISO MOMENTO.

Forse ci siamo resi conto di essere a terra, di aver toccato il fondo ma in questo modo stiamo affermando che Gesù non ha fatto nulla per noi; OGGI STESSO rialzati e man mano che andrai verso l’alto vedrai la croce di Cristo, è quello il luogo giusto dove deporre la tua intera vita e di per certo il dolore sarà mutato in allegria, la guerra in pace, il vento si calmerà e finalmente sarai tu a portare agli altri Gesù.

Coraggio quindi! Dio non chiede altro che fidarci completamente di Lui e deporre la nostra intera vita ai piedi Suoi per essere innalzati gloriosamente in alto.

Dio ci benedica!

“Cristo, la Roccia che disseta!”

Culto di Domenica 18 Marzo 2018 – “Cristo, la Roccia che disseta!”

LA PAROLA

Numeri 20: 1-13
1 Or tutta la comunità dei figli d’Israele arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Cades. Là morì e fu sepolta Maria.
2 Non c’era acqua per la comunità; perciò ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aaronne. 3 Il popolo si mise a contestare Mosè, e disse: «Fossimo pur morti quando morirono i nostri fratelli davanti al SIGNORE! 4 Perché avete condotto l’assemblea del SIGNORE in questo deserto per morire qui noi e il nostro bestiame? 5 Perché ci avete fatti salire dall’Egitto per condurci in questo luogo detestabile? Non è un luogo dove si possa seminare; non ci sono fichi, né vigne, né melograni e non c’è acqua da bere».
6 Allora Mosè e Aaronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda di convegno; si prostrarono con la faccia a terra, e la gloria del SIGNORE apparve loro.
7 Il SIGNORE disse a Mosè: 8 «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aaronne convocate la comunità e parlate a quella roccia, in loro presenza, ed essa darà la sua acqua; tu farai sgorgare per loro acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al suo bestiame». 9 Mosè dunque prese il bastone che era davanti al SIGNORE, come il SIGNORE gli aveva comandato. 10 Mosè e Aaronne convocarono l’assemblea di fronte alla roccia, e Mosè disse loro: «Ora ascoltate, o ribelli; faremo uscire per voi acqua da questa roccia?» 11 E Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il suo bastone due volte, e ne uscì acqua in abbondanza; e la comunità e il suo bestiame bevvero.
12 Poi il SIGNORE disse a Mosè e ad Aaronne: «Siccome non avete avuto fiducia in me per dare gloria al mio santo nome agli occhi dei figli d’Israele, voi non condurrete questa assemblea nel paese che io le do».
13 Queste sono le acque di Meriba dove i figli d’Israele contestarono il SIGNORE, che si fece riconoscere come il Santo in mezzo a loro.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Il popolo d’Israele era ormai alle porte di Canan, la terra promessa.
Come spesso avvenne durante il cammino anche in questa occasione non ebbe fiducia in Dio e, nel bel mezzo dell’aridità del deserto, se la presero con Lui. Israele aveva piena conoscenza di cosa volesse dire essere nel deserto ma sapeva anche che Dio era in grado di far sgorgare acqua dalla roccia (Esodo 17).
Dio riprova la fedeltà del Suo popolo che, per tutta risposta, si adirò con Mose ed Aronne; pur di poter contestare Dio e non seguire la Sua via avrebbero infatti preferito rimanere in Egitto da schiavi!
Non accettarono il fatto di dover passare in mezzo al deserto se pur esso sarebbe stato solo di transito.

Noi oggi siamo pellegrini in mezzo al deserto del mondo, siamo in viaggio verso la Canan celeste e quando attraversiamo il momento d’aridità non dobbiamo prendercela con Dio ma dobbiamo appoggiarci esclusivamente sulla roccia di Cristo per andare oltre la mancanza di sentimenti e di spiritualità di ciò che ci circonda.
Solo una strada è quella giusta, solo un pozzo fornisce l’acqua limpida che disseta la nostra anima … Gesù!
Egli desidera che noi gli parliamo, del resto lo abbiamo già percosso una volta per tutte con i nostri peccati!
Mosè in quest’occasione non ha avuto piena fiducia in Dio e percosse la roccia invece di parlarle, uscirà comunque l’acqua che disseterà il popolo ma essa sarà un refrigerio temporaneo, sappiamo infatti quanto fu lungo il cammino per poter raggiungere Canan e tutto ciò a cagione del peccato! (1 Corinzi 10: 1-5)

Il lamentarsi con Dio esprime una mancanza di fiducia nonostante siamo ben consci che il deserto è una tappa obbligatoria per un vero cristiano, del resto se avessimo tutto ciò che vorremmo non ci appoggeremmo più su Cristo
Impariamo a PARLARE con Dio anche nei momenti di difficoltà ed Egli saprà come dissetarci.
Stiamo attenti a non andare a cercare acqua nei luoghi sbagliati perché il rischio di “allungare il percorso” verso Canan è davvero molto alto e non accontentiamoci di un’acqua che ci disseta solo temporaneamente ma bramiamo quell’acqua che riempie nel continuo la nostra anima.

Gli apostoli trovarono aridità in famiglia, negli amici, nei falsi fratelli e in diversi luoghi dove andarono ma anche in quei momenti bevvero dalla giusta Roccia dando gloria a Dio.
Perchè ti lamenti? perché non prendi fiducia in Lui? Sappi che Dio non ci addita mai ma desidera che ci sia un vero e proprio dialogo.
VAI E PARLA ALLA ROCCIA, vedrai che l’acqua scaturirà e la benedizione scenderà traboccante sulla tua vita, parliamo con Gesù e il cielo si aprirà come avvenne per Stefano davanti alla lapidazione, nonostante stesse per morire sa che è nel deserto più assoluto ma ha la fede necessaria per parlare con Gesù, è infatti ripieno di acqua viva e riesce a benedire e perdonare anche chi, in quel momento, lo sta uccidendo (Atti 7: 51-60).
Dio vuole credenti maturi, adulti, che sanno glorificarLo sempre indipendentemente dalla situazione, siamo infatti noi che dobbiamo portare acqua in questo mondo e non il contrario. Prima senza Gesù riempivamo i nostri sacchi vuoti con le cose del mondo ma ora dobbiamo prendere noi dei sacchi vuoti, riempirli di ciò che Gesù ci dona e portarli a chi ne ha necessità.
Quando il nostro cuore è pieno delle cose di Dio non c’è più posto per andare a prendere ciò che è del mondo.

Non percuotiamo più Cristo e accettiamo per fede che, ciò che ci sta capitando, coopererà di per certo alla nostra vita e a quella di chi ci sta intorno.

Dio ci benedica!

La croce, un sacrificio da ricordare!

Culto di Domenica 04 Marzo 2018 – “La croce, un sacrificio da ricordare!”

LA PAROLA

Matteo 28: 1-10
La risurrezione di Gesù
1 Dopo il sabato, verso l’alba del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l’altra Maria andarono a vedere il sepolcro. 2 Ed ecco si fece un gran terremoto; perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e vi sedette sopra. 3 Il suo aspetto era come di folgore e la sua veste bianca come neve. 4 E, per lo spavento che ne ebbero, le guardie tremarono e rimasero come morte. 5 Ma l’angelo si rivolse alle donne e disse: «Voi, non temete; perché io so che cercate Gesù, che è stato crocifisso. 6 Egli non è qui, perché è risuscitato come aveva detto; venite a vedere il luogo dove giaceva. 7 E andate presto a dire ai suoi discepoli: “Egli è risuscitato dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, ve l’ho detto». 8 E quelle se ne andarono in fretta dal sepolcro con spavento e grande gioia e corsero ad annunciarlo ai suoi discepoli. 9 Quand’ecco, Gesù si fece loro incontro, dicendo: «Vi saluto!» Ed esse, avvicinatesi, gli strinsero i piedi e l’adorarono. 10 Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedranno».

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Non è oggi così scontato che la Chiesa di Cristo ricordi l’opera Sua sulla croce.
Quando il nostro sguardo è fisso sul Suo sacrificio il nostro cuore si riscalda e l’amore per Gesù aumenta, si è immolato per la nostra…la tua salvezza.
L’uomo diede a Gesù il misero valore di 30 sicli d’argento e, ancora oggi, sono molte le persone nel mondo che non danno a Gesù il valore che gli spetta: quando non ricordiamo e non facciamo nostro il Suo sacrificio è come se lo stessimo sminuendo, in altre parole tradendo.

Quali sono gli indicatori che ci fanno comprendere quanto è ancora oggi per noi importante quella croce?
Sicuramente dedicare il nostro tempo migliore a Dio è sinonimo d’amore nei Suoi confronti, frequentare costantemente e con gioia il luogo di culto dove Dio ha ordinato la benedizione, non abbandonare la comune adunanza, servirLo con cuore zelante, meditare la Sua Parola, stare costantemente in comunione con Lui nella “cameretta”.

Nella Parola oggetto del culto di oggi possiamo notare alcuni aspetti molto importanti; il primo è che Maria Maddalena e Maria vedono qualcosa di straordinario perché, a differenza degli altri discepoli, si erano recate presso “il luogo Santo”.
Il secondo aspetto è l’atteggiamento dell’angelo, che viene descritto seduto sulla pietra rimossa e non sta combattendo, bensì si sta riposando sulla risurrezione di Cristo: è vincitore come lo è ancora oggi la Sua Chiesa.

Senza Cristo saremmo stati privati della speranza di vedere una nuova vita in Dio, godendo pienamente del perdono dei peccati. Apprezziamo quindi ancor di più tale gesto non solo con le parole, ma soprattutto con i fatti, stando ancora più vicini a Gesù.
Ricordiamoci che siamo stati resi giusti davanti a Dio per la fede riposta in Cristo e non per meriti e che le opere che Dio ha già preparato per noi devono essere precedute da una costante presenza ai culti e da una costante perseveranza nella preghiera, azioni fondamentali per un figlio di Dio.

Gesù è morto, ma è soprattutto risorto, è vivente ancora oggi in mezzo al Suo popolo e desidera che il sangue versato sulla croce venga apprezzato, benedetto, glorificato e lodato!

Non troviamo scuse davanti a Dio e non restiamo fermi come monumenti, ma mettiamoci in movimento!
Il sacrificio è ancora valido per chiunque crede in Gesù, facciamoci purificare ancora oggi dal Suo prezioso sangue.

Dio ci benedica!

“L’uomo è limitato, ma tutto è possibile per il Signore!”

Culto di Domenica 25 Febbraio 2018 – “L’uomo è limitato, ma tutto è possibile per il Signore!”

LA PAROLA

Marco 10: 46-52
Gesù guarisce Bartimeo, il cieco
46 Poi giunsero a Gerico. E come Gesù usciva da Gerico con i suoi discepoli e con una gran folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco mendicante, sedeva presso la strada. 47 Udito che chi passava era Gesù il Nazareno, si mise a gridare e a dire: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!» 48 E molti lo sgridavano perché tacesse, ma quello gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» 49 Gesù, fermatosi, disse: «Chiamatelo!» E chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio, àlzati! Egli ti chiama». 50 Allora il cieco, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 E Gesù, rivolgendosi a lui, gli disse: «Che cosa vuoi che ti faccia?» Il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io ricuperi la vista». 52 Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». In quell’istante egli ricuperò la vista e seguiva Gesù per la via.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Bartimeo era un uomo cieco e con buona probabilità aveva già fatto tutto il possibile per poter recuperare la vista, ottenendo però solo insuccessi … per lui le soluzioni umane non erano più sufficienti per sopperire al suo bisogno. La mancanza della vista era una mancanza forte, decise quindi di affidare la sua causa a Gesù gridando più volte a Lui, non arrendendosi di fronte alle voci che cercavano di scoraggiarlo. Gesù premiò la sua fede con una guarigione potente ed immediata. Bartimeo aveva infatti compreso che Gesù non era soltanto un uomo diverso dagli altri, bensì che Egli era il Signore, figlio di Dio.

Sin dai tempi di Adamo, Dio comprende perfettamente le nostre necessità e ha un desiderio profondo, quello di vederci felici e soddisfatti. Noi, d’altro canto, siamo chiamati a ricercare con tenacia e forte desiderio ciò di cui accusiamo la mancanza!
La mano di Dio è sempre tesa e piena di tutto il Suo essere, dobbiamo solo allungare la nostra mano con fede e prendere ciò di cui abbiamo bisogno.

Davide, spesso vittorioso in battaglia e un uomo con il cuore secondo Dio, cadde nell’inciampo del peccato nel momento in cui sentì la mancanza di una donna. Se anche in quell’occasione avesse rivolto il suo sguardo verso il Signore, la storia sarebbe andata diversamente: Dio infatti era pronto a donargli tutto ciò di cui aveva bisogno (2 Samuele 12: 7-8).

Spesso siamo ben consci che ci manca qualcosa a livello spirituale ma, pur sapendolo, non la ricerchiamo ai piedi del Signore. Ci dedichiamo piuttosto ad altre faccende “mondane”, spendiamo più tempo in altre cose che, per quanto lecite, non potranno mai colmare i nostri vuoti interiori. Ricordiamoci che non possiamo contare ciò che non possediamo (Ecclesiaste 1:15), se ci manca qualcosa dobbiamo fare di tutto per poterla ottenere.

Possono essere molteplici le mancanze ma, per prima cosa, dobbiamo mantenere alta l’attenzione sulla fiducia nei confronti di Dio. Viviamo spesso nello sconforto e siamo facili vittime dello scoraggiamento? Allora forse la nostra fede è un po’ scemata, dobbiamo ravvivarla mediante la potenza della Parola di Dio.
Le nostre richieste devono essere costanti nel tempo ed elevate a Dio con un cuore contrito e, di per certo, Egli risponderà (Geremia 29:13). Il bisogno dovrà risultare talmente impellente da essere più forte di qualunque altra priorità. Dovremo essere determinati nel desiderare di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno (Genesi 32-26).

Ci siamo accorti che siamo mancanti di qualcosa che ci rende meno consacrati? Meno zelanti per il servizio? Meno gioiosi alla presenza di Dio? Che ci impedisce di godere a pieno del riposo di Dio? Che ci impedisce di ringraziare Dio con tutto il nostro cuore? Che non permette ai sentimenti di Cristo di rimpiazzare quelli del nostro “vecchio io”? Che ci impedisce di perdonare? Bene, è questo il momento buono per presentarci a Dio con suppliche e ringraziamenti ed Egli ci donerà tutto il necessario ed anche di più!

Non mettiamo in secondo piano Dio, Egli è il nostro tutto e vuole per noi il meglio al fine di vederci felici e soddisfatti della nostra nuova vita in Cristo Gesù!

Dio ci benedica!

“Avere fede è anche saper aspettare in silenzio!”

Culto di Domenica 18 Febbraio 2018 – “Avere fede è anche saper aspettare in silenzio!”

LA PAROLA

2 Samuele 5: 17-25
Vittorie di Davide sui Filistei
17 Quando i Filistei udirono che Davide era stato unto re d’Israele, salirono tutti a cercarlo. Davide lo seppe e scese alla fortezza. 18 I Filistei giunsero e si sparsero nella valle dei Refaim. 19 Allora Davide consultò il SIGNORE, e disse: «Devo salire contro i Filistei? Me li darai nelle mani?» Il SIGNORE rispose a Davide: «Sali; perché certamente ti darò i Filistei nelle mani». 20 Davide dunque si recò a Baal-Perasim, dove li sconfisse ed esclamò: «Il SIGNORE ha disperso i miei nemici davanti a me come si disperde l’acqua». Perciò chiamò quel luogo Baal-Perasim. 21 I Filistei lasciarono là i loro idoli, e Davide e la sua gente li portarono via.
22 I Filistei salirono poi di nuovo e si sparsero nella valle di Refaim. 23 Davide consultò il SIGNORE il quale gli disse: «Non salire; gira alle loro spalle e giungerai su di loro di fronte ai Gelsi. 24 Quando udrai un rumore di passi tra le vette dei gelsi, lanciati subito all’attacco, perché allora il SIGNORE marcerà davanti a te per sconfiggere l’esercito dei Filistei». 25 Davide fece così come il SIGNORE gli aveva comandato e sconfisse i Filistei da Gheba fino a Ghezer.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

Davide è ancora oggi un grande esempio per i cristiani, artefice di grandi vittorie, nel nome di Dio, per il popolo d’Israele. Una delle sue armi vincenti fu quella di consultare il Signore prima di ogni battaglia, non adagiandosi mai sulle vittorie precedenti, ben conscio del fatto che il Signore opera spesso in modi diversi tra loro e, solo affidandosi a Lui di volta in volta, egli poté vedere grandi vittorie.
Le esperienze del passato sono importanti e devono essere uno stimolo per combattere nel presente, tuttavia non dobbiamo mai sentirci troppo forti al punto di voler affrontare le battaglie solo con le nostre forze! Siamo chiamati a presentarci costantemente davanti al trono di Dio in preghiera, affinché sia Lui a indicarci la strada da percorrere ed ut i tempi giusti per farlo.

Davide, a pochi passi dai nemici e dal campo di battaglia, si fermò ed attese di sentire il rumore dei passi di Dio tra le vette dei gelsi prima di passare all’azione. Anche l’attesa è sinonimo di fede, aspettare la risposta di Dio è infatti molto importante nella vita di un cristiano, soprattutto quando siamo scalpitanti e non vediamo l’ora di fare il primo passo, è proprio quello il momento migliore per fermarci!

Dobbiamo dipendere esclusivamente da Dio e avere un orecchio sensibile ai Suoi passi, essi sono ben udibili nonostante Egli sia invisibile ai nostri occhi. Lo sguardo deve essere su Gesù e non sul nemico perché è da Lui che arriverà il consiglio vincente! (Salmi 121: 1-2)

Impariamo ad agire esattamente nel momento in cui è Dio stesso a indicarcelo e, per fare ciò, dobbiamo necessariamente vegliare in preghiera ogni giorno perché è quotidianamente che Egli ci parla, la manna che nutre l’anima nostra deve essere fresca ogni giorno, altrimenti, aumenta il rischio di denutrizione spirituale.

Satana è alla continua ricerca di anime da divorare (1 Pietro 5: 8-9), ma nulla potrà contro coloro che si faranno trovare in preghiera e pienamente dipendenti da Dio; spesso è proprio nella preghiera che c’è la vera lotta … e la vera benedizione!

I discepoli attesero 10 giorni in preghiera prima di vedere il realizzarsi della Pentecoste, lo fecero con piena fiducia senza aver conoscenza alcuna di ciò che stava per verificarsi e come ben sappiamo la loro fede fu grandemente ripagata! (Atti 2).

Per cui … coraggio! Fermiamoci alla presenza di Dio e attendiamo, con pazienza e fiducia, il rumore dei Suoi passi; al momento giusto sarà Lui stesso a combattere per noi e non potremo che vedere una grande e gloriosa vittoria!

Dio ci benedica!

“Adagia la tua vita sull’altare!”

Culto di Domenica 28 Gennaio 2018 – “Adagia la tua vita sull’altare!”

LA PAROLA

Levitico 6: 1-6
1 Il SIGNORE parlò ancora a Mosè, e disse:
2 «Da’ quest’ordine ad Aaronne e ai suoi figli, e di’ loro:
“Questa è la legge dell’olocausto. L’olocausto rimarrà sulla legna accesa sopra l’altare tutta la notte, fino al mattino; e il fuoco dell’altare sarà tenuto acceso. 3 Il sacerdote indosserà la sua tunica di lino e si metterà delle mutande di lino a contatto con la pelle; toglierà la cenere dell’olocausto consumato dal fuoco sull’altare e la metterà accanto all’altare. 4 Poi si spoglierà delle vesti e ne indosserà delle altre e porterà la cenere fuori dal campo, in un luogo puro. 5 Il fuoco sarà mantenuto acceso sull’altare e non si lascerà spegnere; il sacerdote vi brucerà della legna ogni mattina, vi disporrà sopra l’olocausto, e sopra vi brucerà il grasso dei sacrifici di riconoscenza. 6 Il fuoco dev’essere mantenuto sempre acceso sull’altare, e non lo si lascerà spegnere.

IL CULTO

IL MESSAGGIO

L’Antico Testamento è un’ombra di ciò che sarebbe accaduto nel Nuovo Testamento con e dopo la nascita di Gesù. Prima della morte di Cristo i sacrifici erano fatti a Dio mediante sangue animale e c’erano regole ben precise da seguire affinché potessero essere sacrifici graditi a Dio.

Oggi possiamo tutti godere del sacrificio che Gesù ha fatto una volta per tutte sulla croce, ma ciò non ci esime dal mettere sull’altare tutta la nostra vita per farla ardere dal fuoco dello Spirito Santo di Dio.

Dio non ha mai smesso di accendere il fuoco e uno dei compiti della Chiesa è proprio quello di non farlo spegnere. La sua discesa ha però senso solo se c’è qualcosa sull’altare da bruciare, se c’è una fede che vuole farsi alimentare, se c’è un io che vuole morire al mondo per vivere pienamente in Cristo. Dobbiamo infatti deporre tutto noi stessi sull’altare, la nostra carnalità, le nostre debolezze e il nostro peccato affinché possano essere consumati ed eliminati.

Nel giorno della pentecoste (Atti 2) il fuoco di Dio scese sui discepoli in modo glorioso; erano intimoriti, isolati e abbattuti per la morte di Gesù ma avevano scelto di deporre la propria vita sull’altare e Dio non tardò a rispondere riempiendoli di Spirito Santo, trasformandoli in discepoli forti e pronti a servire Cristo fino alla morte.

Possiamo notare nella scritture che i discepoli prima della pentecoste avevano dei comportamenti a volte sbagliati, il loro io e il loro orgoglio venivano spesso fuori nonostante camminassero “mano a mano” con Gesù. Con la pienezza dello Spirito Santo tutto cambia, l’umiltà prende il sopravvento e si mettono a completa disposizione di Dio arrivando addirittura a considerare la morte un guadagno (Filippesi 1:21).

Non andiamo a cercare fuochi esterni a Dio che potranno solo apparentemente scaldarci ma di per certo non saranno mai in grado di trasformarci. Spesso sull’altare poniamo solo i nostri problemi nella speranza che Dio possa risolverli, ma prima di tutto dovremmo porre tutta la nostra vita fidandoci completamente di Dio e del suo disegno perfetto, anche nella prova! Il fuoco della fornace ardente infatti non sarà mai più forte del fuoco di Dio che scende dal cielo, esso non ci potrà bruciare. D’altro canto porre le proprie condizioni a Dio significherebbe non alimentare più il fuoco ma piuttosto spegnerlo (1Tessalonicesi 5:19).

Il fuoco di Dio è in grado di purificare completamente la nostra vita andando a rinnovarla in tutto e per tutto, dalla legna alle pietre, dalla polvere all’acqua stagnante … ogni cosa brucerà e si consumerà! (1Re 18: 38)

Abbiamo oggi a disposizione il legno della croce di Cristo, l’olocausto che è Gesù stesso … ma il fuoco dov’è? E’ li pronto a scendere ma sta aspettando una vita pronta a farsi consumare, adagiamoci sull’altare con piena umiltà senza paure e timori ma con gioia di donarci completamente al Signore e la fiamma non tarderà ad arrivare!

Dio ci benedica!